Nei giorni scorsi abbiamo assistito alle dichiarazioni della Segretaria Cisl Valeria Cittadin a riguardo dell’attuazione del progetto di riconversione della Centrale Enel di Polesine Camerini, e della sua successiva presa di posizione a riguardo del Parco del Delta del Po definito un “legaccio” che ha fatto perdere molteplici possibilità di sviluppo all’intero Polesine.
Di seguito l’estratto di uno degli articoli apparsi sulla stampa locale (per leggerlo interamente potete fare riferimento a questo collegamento) e a seguire la risposta della nostra associazione.
“Desolante, demotivante, disarmante ciò che Conti ha espresso circa i tempi di riconversione della centrale di Porto Tolle. È veramente triste che Enel scarichi alla politica volontà che probabilmente proprio Enel non riesce a concretizzare. I segnali dati da Conti sono allarmanti. Senza la riconversione in Polesine le possibilità e i piani B di cui si parla non ci sono e non si vedono. E allora iniziamo tutti a fare filosofia e a parlare di valorizzazione delle nostre potenzialità… Certo di potenzialità ne abbiamo, ma come possiamo perdere un investimento di 2 miliardi e mezzo di euro? Come possiamo lasciarci sfuggire questa grande opera? E e allora finiamola di riempirci la bocca di parole come turismo e come Parco! Ma a quante persone dà lavoro il turismo del Parco? Non è stata una bella scelta quella di istituire il Parco, dovremmo piuttosto ripensare come fare ad uscire da questo legaccio che negli anni ci ha fatto perdere molteplici possibilità.
Abbiamo una burocrazia che deve essere snellita, abbiamo una energia che deve costare meno. Questo serve al territorio italiano e polesano per crescere. Invece abbiamo la burocrazia ordinaria, abbiamo il Parco che frena, abbiamo il veto degli ambientalisti e dei loro ricorsi giudiziari che allontanano sviluppo e investimenti. Potremo continuare a parlare di tutte le riforme del mercato del lavoro, di tutte le potenzialità che abbiamo, ma resteranno sulla carta se non saremo attrattivi. Ritengo inoltre una discussione inutile quella intorno all’articolo 18. Ma di quale tutela stiamo parlando? Una tutela che si rivolge al 30 per cento delle aziende italiane. E basta guardare il Polesine: l’articolo 18 non ha impedito i licenziamenti della Grimeca. E aggiungo: quale imprenditore licenzia un suo dipendente se è un valido lavoratore?” […continua…]
La risposta del WWF di Rovigo:
Abbiamo letto con sbigottimento, e con sconforto, le affermazioni della Segretaria CISL Valeria Cittadin pubblicate sabato scorso.
Non vogliamo entrare nel merito delle varie considerazioni svolte dalla Sig.a segretaria della CISL Valeria Cittadin, quanto sull´assunto che è il cuore della lettera, e attorno al quale ruotano poi tutti i suoi pensieri. E cioè “il Parco” considerato come “un legaccio”, “che frena” e che “ci ha fatto perdere molteplici possibilità”. Un Parco la cui istituzione “non è stata una bella scelta”, per la qual cosa è ovvio quindi che “dovremmo ripensare a come fare ad uscir[ne]”. Con il naturale corollario del “veto degli ambientalisti e dei loro ricorsi giudiziari che allontanano sviluppo e insediamenti”.
E´ triste vedere che ancora oggi il nostro patrimonio ambientale e naturalistico, al pari di quello storico e culturale, è visto come qualcosa di inutile, anzi peggio, di negativo. Uno dei preziosi gioielli di questa nostra bistrattata nazione, e di questa nostra amata terra polesana, non merita di essere curato e difeso ma è considerato piuttosto un vincolo futile, “un legaccio”.
Ritornano alla mente le amare parole di un grande e illuminato padre dell´ambientalismo italiano, Antonio Cederna, che ancora negli anni ´70, descriveva la dilapidazione delle nostre vere ricchezze “le meraviglie artistiche e naturali del “Paese dell’arte” e del “giardino d’Europa” in nome di un “progresso in iscatola”.
Ma non abbiamo inventato certo noi “ambientalisti nemici dello sviluppo”(come ci descrive la Sig.a Cittadin) questo modello economico che ci ha spediti dritti verso la crisi. Assecondando progetti che poco o nulla hanno a che fare con lo sviluppo utile all’uomo (in Italia di energia se ne produce già troppa, quasi il doppio del necessario e di cattiva qualità, con scarsa efficienza), ma utile solo a sottrarre risorse alla collettività a favore di interessi corporativi, il sindacato non protegge né posti di lavoro, né tantomeno la qualità del lavoro, contribuisce invece a creare le premesse per le crisi che verranno.
Perchè un parco funzioni, basterebbe volerlo e sostenerlo attraverso una seria strategia economica che vada incontro all’imprenditoria locale che per prima può trarre giovamento da un parco: esattamente il contrario di quello che abbiamo visto fare finora.
Come la politica non dovrebbe pensare alle prossime elezioni, bensì alle prossime generazioni, allo stesso modo un sindacato non può pensare solo a coltivare i propri iscritti con slogan che colpevolizzano le leggi democratiche senza pensare alle conseguenze sui cittadini e sui lavoratori che un investimento illogico sul piano tecnico ed economico ancor prima ancora che sul piano ecologico, può comportare.
Perché, come concludeva Cederna, “stiamo dando spettacolo al mondo”.
E considerare i parchi un legaccio non è un bello spettacolo.